CELLULITE

UN APPROCCIO FUNZIONALE

Per trovare la soluzione ad un problema dobbiamo prima capire i meccanismi che l’hanno prodotto. 

Le alterazioni che stanno alla base della cellulite sono molteplici: ormonali, del microcircolo, del sistema linfatico, stress ossidativo e predisposizione.

Semplificando i processi, possiamo affermare che si attivi un vero e proprio circuito (vizioso) per cui i tessuti di derivazione mesodermica (in particolare derma e ipoderma) in condizioni di stress vanno in contro ad una riduzione della loro struttura che lascia così lo spazio ai liquidi che si accumuleranno nel connettivo generando edema ed infiammazione. In una seconda fase si avrà un ripristino ad integrum della funzione del mesoderma che notoriamente con il recupero, dopo la fase di stress, si rinforza. In questa fase vi sarà una proliferazione eccessiva dei fibroblasti e la formazione in eccesso di collagene. Questo processo “intrappola” letteralmente le cellule adipose e influenza negativamente la ritenzione dei liquidi favorendo inoltre alterazioni vascolari. Le cellule adipose degenerano a causa della scarsa irrorazione sanguigna e peggiorano lo stato infiammatorio del tessuto. La cronicizzazione di queste due fasi porta al progressivo peggioramento della cellulite che evolverà quindi dallo stato edematoso (cellulite poco visibile, pelle ammaccata e sensazione di gambe pesanti) fino a quello fibroso (pelle ammaccata, violacea e presenta dei noduli)

Non è un caso che tecnicamente quella che noi chiamiamo comunemente cellulite venga definita Panniculopatia Edemato Fibro Sclerotica

Tra le cause della cellulite, oltre a quelle metaboliche ed endocrine possiamo annoverare le alterazioni psico-emozionali: il mesoderma infatti è un tessuto correlato alla propria valutazione del se. Un sentimento di svalutazione importante può favorire l’innesco del circuito vizioso di cui abbiamo parlato.

Nella definizione scientifica della cellulite troviamo già la risposta per un adeguato trattamento di questa “tossicosi” del sottocute.

Sarà importante sostenere il tessuto vascolare che deve riprendere ad irrorare, ossigenare e nutrire le cellule adipose ormai intrappolate dal connettivo: per questo utilizzo alcuni gemmoderivati come ippocastano (componente arteriosa) sorbo (componente linfatica) castagno (componente venosa).

Tratto invece la componente infiammatoria con la Linfa di Betulla (drenaggio di matrice), Linfadi Salice (azione detox), Gemmoderivato di Faggio (azione antinfiammatoria e attivatore).

Per quanto riguarda la componente fibrosa legata all’alterazione dei fibroblasti e alla produzione in eccesso di collagene possiamo affidarci al Silicio organico del Bambù che svolge una sorprendente azione di stabilizzazione del collagene, associato al Manganese nelle sue tre salificazioni (citrato, gluconato e glicerofosfato) ad azione catalitica sulla SOD (superossido dismutasi) e sul ciclo di Krebs (il nostro polmone cellulare).

Nei casi in cui la cellulite fosse al terzo/quarto stadio è possibile ricorrere a trattamenti medici quali l’ozonoterapia localizzata o la mesoterapia omotossicologica. Recenti studi hanno dimostrato come la terapia iniettiva di Clostridium Histolyticum (microrganismo in grado di degradare naturalmente il collagene) si sia dimostrata efficace nel trattare questo inestetismo, ciò a dimostrazione del fatto che un opportuno rimaneggiamento dell’atività dei fibroblasti può portare a indubbi miglioramenti.

Nonostante l’integrazione sia spesso necessaria non possiamo dimenticare che la cellulite è causata da una molteplicità di fattori e per questo è necessario mettere in atto alcuni cambiamenti dello stile di vita per ottenere dei buoni risultati duraturi nel tempo!

Scegliere di fare attività fisica nelle giuste dosi sarà essenziale accompagnata da un’alimentazione a basso indice insulinico.

Autore

Roberto Camnasio

Fonti

Dermatologic Surgery “Collagenase Clostridium Histolyticum for the Treatment of Edematous Fibrosclerotic Panniculopathy (Cellulite): A Randomized Trial” Neil S. Sadick, MD,* Mitchel P. Goldman, MD,Genzhou Liu, PhD, Neil H. Shusterman, MD, FACP, Michael P. McLane, PhD, David Hurley, MD, and V. Leroy Young, MD

Pubblicità

Proteine e falsi miti

Una review di letteratura

Prima di scoprire le ultime novità in fatto di integrazione proteica sfatiamo il falso mito che per avere buoni muscoli bisogna consumare tante proteine. 

Per un atleta che pratica uno sport misto è sufficiente una introduzione di 1,5g di proteine per kg di peso corporeo mentre nei casi di maggior carico si può arrivare a 2g per kg di peso corporeo. Andare oltre con l’introduzione di proteine non solo non serve a niente ma può portare ad alterazioni metaboliche e gastrointestinali che possono generare disturbi e peggiorare la performance sportiva.

Che differenza c’è tra una proteina e un aminoacido? Per capirlo vi faccio un’analogia con l’alfabeto e le sue lettere (aminoacidi) che servono per comporre tutte le parole che conosciamo (proteine-muscoli) è quindi evidente che se mancano alcune lettere sarà impossibile completare la sintesi proteica e di conseguenza questo limita la possibilità di fare un corretto anabolismo e un corretto recupero. Gli aminoacidi che occorrono per costituire le proteine umane sono 23 tuttavia quelli essenziali che dobbiamo necessariamente assumere con la dieta sono 8 (fenilalanina, treonina, triptofano, metionina, lisina, leucina, isoleucina e valina)

Lucina, isoleucina e valina meritano un’ulteriore precisazione: sono aminoacidi ramificati o BCAA, utilizzati soprattutto a scopo energetico e grazie alla loro capacità di regolare alcuni neurotrasmettitori correlati alla sensazione di affaticamento. Visto il loro largo utilizzo meritano un approfondimento a parte nei prossimi articoli.

Ora che conoscete l’abc vediamo a chi potrebbe interessare una integrazione di proteine: sicuramente a tutti gli atleti che fanno attività fisica intensa e protratta per più di un’ora in continuità, a tutte le persone abitualmente attive, nell’ambito della perdita di peso e per chi ne fa un vero e proprio stile di vita.

Come scegliere le proteine da utilizzare?

Vediamo alcuni parametri che possono aiutarci.

Il valore biologico (VB): corrisponde alla quantità e al rapporto tra gli amminoacidi presenti in una proteina. Il VB risulta tanto più elevato quanto più la proteina è simile per composizione aminoacidica a quelle presenti nel nostro organismo. 

Le proteine a più alto valore biologico sono le sieroproteine del latte (Whey) le proteine dell’uovo e le caseine. Queste si differenziano principalmente per velocità di assorbimento e si passa dalle più rapide, le whey idrolizzate 30’, le whey concentrate 40-50’, le proteine dell’uovo 6 ore. 

Sappiamo ad oggi che non è più possibile basarsi solo sul VB poichè questo con considera parametri importanti come la digeribilità, il rapporto aminoacidi essenziali/aminoacidi non essenziali e altri indici che non prenderemo in considerazione semplicità. In alcuni casi l’utilizzo eccessivo di proteine animali in soggetti predisposti può provocare disbiosi intestinale ovvero un’alterazione del microbiota (batteri intestinali) che andrà verso una flora di tipo putrefattivo con tutte le conseguenze del caso. Inoltre il consumo continuativo di cibi ultraprocessati come alcuni integratori di proteine ricchi di grassi vegetali, additivi, dolcificanti e zuccheri possono portare ad effetti avversi sulla salute. 

Le proteine vegetali possono rappresentare un’alternativa per tutti i soggetti sensibili alle proteine animali oppure in coloro che hanno effettuato scelte alimentari differenti da quella onnivora. Nonostante il VB sia inferiore rispetto a quelle di origine animale possiamo affermare che opportunamente miscelate possono rappresentare un’ottima fonte proteica alternativa vista la miglior digeribilità e la capacità di mantenere l’equilibrio acido-base del sistema. 

In particolare la proteina di origine vegetale può essere considerato il gold standard per l’integrazione nel soggetto anziano dove necessitiamo di una miglior digeribilità ma anche di una regolazione dell’insulina che oltre a causare disturbi metabolici può innescare processi neurodegenerativi.

Personalmente escludo l’utilizzo di proteine della soia (a causa delle presenza di fitoestrogeni) e prediligo altre fonti vegetali come: lupino, pisello, riso integrale, mandorle. Devo fare una riflessione a parte nei confronti dei semi e della farina di canapa che risultano essere un vero e proprio superfood poiché in questo caso ritroviamo tutti gli aminoacidi essenziali la cui composizione è esattamente identica a quella delle proteine nel corpo umano.  Inoltre contiene altri aminoacidi importante nello sportivo tra cui la tirosina, l’acido glutammico, la cistina e l’arginina. Una vera eccezione nel mondo vegetale!!

Concludo ricordando che l’integrazione proteica è bene che sia seguita dal vostro medico, farmacista o nutrizionista che sappia consigliarvi al meglio rispetto alle vostre esigenze. Non dimentichiamo che un’alimentazione sana, equilibrata, variata e di stagione è sempre il presupposto essenziale per mantenere il sistema in equilibrio e in salute. 

Autore

Roberto Camnasio

Fonti

Review: Nutriente 2019 “Protein Supplements and Their Relation with Nutrition, Microbiota Composition and Health: Is More Protein Always Better for Sportspeople?” Anna Kårlund 1,*, Carlos Gómez-Gallego 1 , Anu M. Turpeinen 2, Outi-Maaria Palo-oja 3 , Hani El-Nezami 1,4 and Marjukka Kolehmainen 1

Plant Physiol Biochem. 2014 Nov;84:142-148. doi: 10.1016/j.plaphy.2014.09.011. Epub 2014 Sep 24. “Molecular characterization of edestin gene family in Cannabis sativa L.” Docimo T, Caruso I, Ponzoni E, Mattana M, Galasso

Non è questione di sfortuna

Sport e sistema immunitario

Non è questione di sfortuna

“La preparazione stava andando bene anzi, benissimo. Mi sentivo invincibile. Ma proprio adesso che mancano solo due settimane alla gara, dove finalmente avrei potuto dare prova di tutti gli sforzi fatti, mi dovevo prendere questo brutto raffreddore?” 

Quante volte ti è capitato di imbatterti in un “malanno stagionale”, una forte laringite, una faringite, una bronchite proprio a poche settimane o giorni da una gara importante? Questo evento, che dopo vedremo non essere proprio “fortuito”, molto spesso interrompe il tuo programma di allenamento e, se non gestito correttamente, in alcuni casi può compromettere a tal punto la preparazione da farti sbagliare anche la gara. 

Non è questione di sfortuna, come qualcuno potrebbe pensare, la fisiologia ci spiega chiaramente il perché atleti che si allenano intensamente possono andare incontro a deficit del sistema immunitario molto più frequentemente di quello che si possa pensare.

Sebbene lo sport non agonistico e moderato possano vantare diverse indicazioni positive per la salute, non da ultima quella di riuscire a rinforzare il sistema immunitario, non è così per chi si allena in modo intensivo e pratica sport a livello agonistico. 

Per spiegare in modo completo i meccanismi che portano a questa immunosoppressione momentanea, che può esporre ad un aumentato rischio di infezioni nell’atleta agonista vorrei ricordare che il sistema immunitario, come tutti i sistemi biologici, funziona bene quando è in equilibrio con tutte le sue componenti. Se facciamo un’intensa attività fisica prolungata nel tempo produciamo una grande quantità gli “ormoni dello stress”: adrenalina, noradrenalina e cortisolo che possono alterare il nostro equilibrio. Se andiamo a leggere il foglietto illustrativo di qualsiasi medicinale a base di cortisone (l’equivalente del nostro cortisolo) ci accorgiamo che, come effetto collaterale, viene sempre riportata una maggiore suscettibilità ad andare incontro ad infezioni. Questo è proprio quello che avviene anche negli atleti che con allenamenti prolungati nel tempo si trovano nelle condizioni di produrre cortisolo, che avrà un effetto immunosoppressivo che li renderà più vulnerabili alle infezioni. In particolare si è visto che mentre nelle attività brevi o a bassa intensità si rileva un aumento dei linfociti (cellule del sistema immunitario) sia durante sia dopo lo sforzo fisico, nel caso di attività intense (>70% VO2max) o prolungate (> 1 ora) si ha un iniziale aumento delle cellule immunitarie che viene seguito da un crollo vertiginoso nel periodo che va dalle 3 alle 72 ore successive. 

Sarà importante che i professionisti della medicina sportiva prendano in seria considerazione questo aspetto per mettere in atto tutte le strategie necessarie per ridurre al minimo il rischio, come d’altra parte si è sempre fatto per la prevenzione degli  infortuni di tipo osteo-articolare.

Ecco di seguito alcuni consigli.

Ancora una volta l’alimentazione deve rappresentare sempre il primum movens per un atleta perché come abbiamo detto, la performance del sistema immunitario dipende dai livelli di stress. Ricordiamoci che uno tra i principali stressor modificabili è proprio l’alimentazione. Oltre a rappresentare una fonte di stress per l’organismo, l’alimentazione sbagliata o un eccessivo carico calorico possono alterare la capacità digestiva causando un accumulo a livello intestinale di una certa quantità di macromolecole non digerite. Queste scorie in parte diverranno nutrimento per la nostra flora batterica intestinale che, modificandosi, produrrà una disbiosi (alterazione della flora) putrefattiva (in caso di eccesso di proteine) o fermentativa (se in eccesso di carboidrati). La disbiosi porterà a sua volta una maggior vulnerabilità immunitaria poiché il 70% del nostro sistema immunitario è localizzato proprio a livello intestinale e da qui comunica con tutte le altre mucose, tra cui quella associata a bronchi, laringe e faringe. 

Una volta sistemata la digestione e l’alimentazione possiamo affidarci alla natura che ci mette a disposizione diversi rimedi in grado di migliorare la nostra risposta immunitaria proprio a partire dalla modulazione della reattività e dello stress. Tra questi ricordiamo: oligoelementi come lo Zinco, Vitamine come la D3 e la C, estratti naturali come l’Eleuterococco e gemmoderivati come Ribes nigrum e Betula pubescens per la resistenza allo stress fisico mentre listati batterici e Ontano e Tamerice per la modulazione diretta del sistema immunitario. Parlando di sistema immunitario non possiamo dimenticarci dei micoterapici tra cui annoveriamo: Reishi, Maitake e Shiitake. In relazione alla terapia con i funghi, ci riserviamo di approfondire l’argomento in un prossimo articolo. Per tutti gli atleti che invece si curano con l’omeopatia sarà possibile individuare diversi rimedi utili a promuovere una migliore risposta immunitaria anche se, personalmente, trovo l’omeopatia più efficace sul sintomo in fase acuta piuttosto che come prevenzione. Lo stesso principio omeopatico del “Similia similibus curantur” (il simile cura il simile) presuppone infatti che ci sia un sintomo da curare. Che si tratti di Omeopatia, Fitoterapia, Gemmoterapia, Oligoterapia o Micoterapia ciascun rimedio andrà valutato caso per caso in base alle necessità specifiche e al tipo di attività svolta da ciascun atleta.

Autore

Roberto Camnasio

Krisis

La scelta che si è chiamati a fare

Krisis: il momento della mietitura del grano maturo per far spazio al nuovo

Quest’anno sono due lustri dalla mia abilitazione alla professione di Farmacista. Ricordo ancora come fosse oggi sia il momento della Laurea sia quello dell’esame di stato. Il corso di Laurea a ciclo unico in Farmacia all’Università degli Studi di Milano è particolarmente impegnativo e quando raggiungi il traguardo pensi di aver chiuso con i libri. La prima cosa che fai è cercare lavoro, chi in azienda, chi come informatore, chi in Farmacia come me. Io ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare prima della laurea come magazziniere e questo mi è servito non tanto, tantissimo. Come si suol dire il lavoro va imparato dalle basi. Ricordo ancora il colloquio, la farmacia è specializzata in medicina naturale, fitoterapia e omeopatia io sono sincero e la prima cosa che dissi presentandomi è stata: “in Università il professore di chimica inorganica, alla prima lezione del corso ci ha insegnato che l’omeopatia è acqua fresca a prezzo di champagne (correva il lontano 2007) tuttavia sono aperto a nuovi saperi e nuove esperienze”

Allora non sapevo, e nemmeno avrei potuto immaginare, quante cose avrei dovuto imparare per diventare davvero un Farmacista. L’università, la Statale di Milano, una tra le migliori, ti insegna come sintetizzare i farmaci, come produrli, i presunti meccanismi con cui agiscono, la biochimica, la fisiologia, la legislazione tutte materie assolutamente importanti anzi fondamentali tuttavia manca l’insegnamento fondamentale: cos’è la cura. E allora mentre lavori e impari a conoscere “il malato”, studi e inizi a scoprire che le parole sono importanti. 

Si, con gli anni ho appreso che la cura non è solo la molecola di un farmaco che attiva, disattiva o regola determinati recettori e funzioni. La cura, quella vera, è molto di più. Solo lavorando in Farmacia ho capito perché il consiglio del Farmacista è così importante: perché fa parte anch’esso della cura e del processo di guarigione. Poi guarigione da cosa? Ho conosciuto tanti clienti che stavano bene nelle loro malattie, guai a toglierle in alcuni casi! Ho conosciuto tanti clienti che avevano solo bisogno di trovare una strada alternativa per raggiungere il loro obiettivo di salute, e stavano solo cercando qualcuno che gli indicasse la direzione. Ho conosciuto tante persone che stavano male e non lo sapevano (non sto parlando di screening di prevenzione tuttavia servono anche quelli). E quanti avevano semplicemente bisogno (a volte non è cosi semplice) che qualcuno li ascoltasse. 

In questi dieci anni mi è toccata anche la Pandemia. Non voglio entrare nel merito della questione perché penso che quando sei dentro una situazione così complessa non puoi avere la lucidità per poterne parlare lucidamente, troppe emozioni! Sono colo convinto di una cosa, questa è oggettiva, si tratta di una crisi nel vero senso della parola (crì-si = il tempo della mietitura del grano maturo) ovvero il vecchio che lascia lo spazio al nuovo. In questo nuovo che avanza troveremo una Farmacia e un’idea di cura diversa. Un bivio verso due strade differenti: chi attuerà un vero cambio di paradigma andando verso una nuova era della salute intesa come condivisione dei saperi e chi invece insisterà verso il farmaco centrismo e lo scientismo in evidente difficoltà e decadimento soprattutto per quanto riguarda l’aspetto culturale. 

La vera scienza nasce dalla curiosità, non si preclude nessuna strada e deve informare e fare cultura, non deve convincere nessuno. Lo scientismo imperante invece manifesta questa continua necessità di dover convincere le masse perché a causa della sua arroganza e della sua onnipotenza, ormai ha commesso troppi errori. 

Sono certo che sarà necessario cambiare metodo ripartendo dal dialogo tra la scienza e le discipline umanistiche solo in questo modo vincerà il malato che merita di rimanere al centro della cura.

Autore

Roberto Camnasio

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: